
Milano, 23 ago. (AdnKronos) - Il documento inviato da Italia, Francia e Germania alla Commissione Ue per rafforzare il 'golden power' europeo sugli investimenti da Paesi terzi è positivo, perché riporta l'attenzione dell'Unione europea sull'industria del continente. Con l'Europa che, a differenza degli Stati Uniti, è più scoperta verso gli investimenti cinesi, spesso dettati da una strategia politica e "dalla ragione di Stato del Partito comunista". Una maggiore attenzione sugli investimenti a forte carattere politico è quindi un passaggio obbligato. Giuseppe Berta, professore di Storia contemporanea all'Università Bocconi di Milano, spiega che il documento di Roma, Parigi e Berlino, è "un segnale che non si guarda più all'espansione degli investimenti internazionali con una logica solamente ottimistica, come si faceva durante la fase precedente della globalizzazione". In alcuni Paesi asiatici e negli Stati Uniti con il presidente Donald Trump, spiega l'economista contattato dall'Adnkronos, "si è accentuato un elemento di vigilanza politica che prima non c'era. E' un cambio di passo della globalizzazione, che non si è affatto fermata", ma che ora è caratterizzata da un maggiore intreccio fra economia e politica, "che ci obbliga a cambiare anche i nostri criteri di valutazione di riferimento". A cominciare dagli investimenti e dalle acquisizioni di società europee attive in settori strategici o in particolari tecnologie da parte di Paesi che non operano secondo le regole di mercato. Le acquisizioni di marchi o le partnership con gruppi europei viste negli ultimi anni "stanno stimolando, seppure tardivamente, l'Unione europea a esprimere una posizione di supporto. C'è un'autentica preoccupazione per la vera e propria offensiva economica che la Cina ha mosso nei confronti dell'Europa", continua Berta. Con una strategia che mira a "permeare" il mercato europeo.
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