
(AdnKronos) - Nell'estate 2013, Berlusconi si rivolge al tribunale di Monza per mettere la parola fine all'unione con Veronica Lario. Il giudice di Monza (lo stesso che concederà il divorzio il 18 febbraio 2014) decide nell'ottobre 2013 per il taglio provvisorio del maxi assegno mensile stabilito dalla nona sezione civile di Milano in fase di separazione: viene più che dimezzato e ridotto a 1,4 milioni. Il 18 febbraio 2014 è la data dell'atto ufficiale di divorzio: il tribunale di Monza scioglie il matrimonio, ma il contenzioso economico non si arresta. L'ex Cavaliere non si arrende, sono due gli obiettivi dei suoi ricorsi: uno eliminare l'assegno mensile, l'altro rimodulare quanto versato nel periodo della separazione. Nel settembre 2014, la Corte d’appello di Milano fissa in 2 milioni (riducendolo di un milione) l'assegno di mantenimento di separazione e il 16 maggio scorso la Cassazione conferma la sentenza rilevando che la separazione "non elide la permanenza del vincolo coniugale" e il dovere di assistenza garantendo il precedente tenore di vita. Una sentenza che solo all'apparenza sembra contraddire un'altra decisione dei giudici della Suprema Corte in cui si stabiliva che è "l'autosufficienza" e non il "tenore di vita" il parametro su cui misurare l'assegno. La tesi dei difensori del leader di Forza Italia è che la Lario non abbia più diritto agli alimenti perché è autosufficiente: può contare su una liquidità pari a 16 milioni di euro, oltre a gioielli e società immobiliari. La difesa cita il divorzio 'Grilli-Lowenstein', in cui i giudici hanno stabilito che il parametro del mantenimento del tenore di vita goduto durante il matrimonio non è più in vigore e che l'assegno divorzile spetta solo a chi non è in grado di lavorare, non per sua colpa, e non ha redditi. Oggi, la Corta d’Appello di Milano dà ragione a Berlusconi: Veronica Lario non ha diritto all’assegno da 1,4 milioni di euro e deve anche restituirne 60 a cui non aveva diritto.
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