
Roma, 28 mar. (AdnKronos Salute) - C’è chi rinuncia a rinnovare la patente di guida a causa della lunghezza e complessità delle procedure, oltre che dei costi da sostenere. C’è chi deve mettere mano al portafoglio, spendendo in media 867 euro l’anno, con picchi fino a oltre 3 mila euro, per presidi non riconosciuti, visite ed esami, spostamenti per la cura. C’è poi chi rinuncia a chiedere il riconoscimento della legge 104, necessario per avere i permessi lavorativi e curarsi. E' l'odissea che vivono molti pazienti diabetici, fotografata dal primo Rapporto civico 'Diabete: tra la buona presa in carico e la crisi dei territori', presentato oggi da Cittadinanzattiva, con il contributo non condizionato di Abbott.Dalla ricerca emerge che le persone con diabete responsabili, attente ai controlli periodici e pronte ad informarsi sulla propria patologia, ma usurate da burocrazia, attese lunghe e difficoltà nella vita quotidiana, soprattutto a scuola e nel passaggio all’età adulta. Le Regioni - sottolinea Cittadinanzattiva - procedono in ordine sparso anche in presenza di un Piano nazionale diabete, con differenze rilevanti nella organizzazione dei servizi, nella messa a punto ed erogazione dei percorsi diagnostici, terapeutici ed assistenziali, nella imposizione del ticket e nel controllo dei tempi di attesa con cui sono erogati i controlli.L’indagine, messa a punto da un tavolo di esperti, ha coinvolto, tramite questionari online, 4.927 pazienti e 245 professionisti sanitari di tutta Italia; 15 invece le Regioni che hanno collaborato compilando il questionario messo a punto da Cittadinanzattiva e dal tavolo di lavoro: Abruzzo, Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Toscana, Trentino Alto Adige (Provincia autonoma di Bolzano, Provincia Autonoma di Trento), Valle d’Aosta, Veneto. Solo al 20,3% sono stati garantiti corsi sulla gestione della patologia e il 62% fa da tramite tra il medico di medicina generale e lo specialista per garantire l’integrazione. Si attende anche un anno per la prima visita diabetologica e un anno e mezzo per quella endocrinologica. E accade anche che i pazienti siano costretti a fare centinaia di chilometri per la visita di controllo al centro diabetologico e per un colloquio che in molti casi dura solo pochi minuti e non sempre con lo stesso specialista.La maggior parte (più del 47%) deve prenotare autonomamente le visite o gli esami di controllo; in egual percentuale deve ricordare tutte le visite da solo non essendoci un sistema di calendarizzazione degli appuntamenti. Chi fa uso di dispositivi innovativi per la gestione del diabete (40%) lo fa per lo più a proprie spese, ad esempio il 49,6% acquista i sensori per la glicemia privatamente, con lo smacco per di più che lo stesso dispositivo risulta essere gratuito in altre Regioni italiane. Le differenze regionali non finiscono qui: il 21,8% paga un ticket sui farmaci; il 76,6% non ha accesso al numero necessario di strisce o sensori per limitazioni nella prescrizione. Solo il 12% afferma di essere inserito in un Percorso diagnostico, terapeutico ed assistenziale (Pdta): laddove questo avviene ha effetti positivi sulla qualità di cura e di vita della persona, che riscontra un maggiore controllo della patologia, più informazione e ascolto e un accompagnamento reale nella cura."A distanza di sei anni dall’approvazione del Piano nazionale sulla malattia diabetica c’è ancora molto da fare per la piena e concreta attuazione dei diritti delle persone con diabete - spiega Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato e responsabile nazionale Cnamc di Cittadinanzattiva - Sono troppe e insopportabili le disuguaglianze regionali nell’accesso ai servizi e alle vere innovazioni tecnologiche. Approvare Piani nazionali, recepirli formalmente con delibere regionali e varare Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali non è sufficiente, serve maggiore e costante attività di verifica sostanziale da parte del ministero della Salute e delle Regioni sulla loro concreta attuazione". "E' inaccettabile - prosegue Aceti - che ancora quasi la metà dei pazienti sia obbligato a prenotarsi autonomamente visite ed esami di controllo. I centri di diabetologia, oggi in forte affanno, vanno rafforzati e integrati con i servizi territoriali. Per aumentare la capacità di risposta del Ssn bisogna valorizzare di più la figura del medico di famiglia anche rispetto alla possibilità di prescrivere terapie innovative, come pure le importanti competenze maturate dalla professione infermieristica. Ridurre il peso sui pazienti della burocrazia inutile è una necessità ineludibile, come pure affrontare e risolvere definitivamente il problema della somministrazione dei farmaci a scuola che ancora oggi obbliga intere famiglie a farsi carico in prima persona e tutti i giorni di quest’attività".Nel dettaglio il report ha evidenziato che gli intervistati sono affetti in grande maggioranza (72,8%) da diabete di tipo 1, prevalentemente in età lavorativa attiva (40-64 anni) o sono genitori di bambini o ragazzi (17,5%). Sono persone responsabili ed esperte nella gestione della malattia, che effettuano le necessarie visite di controllo (il 65% ha consultato almeno una volta nell’ultimo anno un oculista ed il 40% un cardiologo) e tutti gli esami diagnostici necessari, e che svolgono regolarmente attività fisica (56,6%). Infatti, solo il 6% è dovuto ricorrere a un ricovero ospedaliero ed oltre la metà non ha avuto complicanze nell’ultimo anno.