
(AdnKronos) - Confcommercio e Conftrasporto esprimono inoltre dubbi sui dati ‘esaltanti’ diffusi a sostegno dell’iniziativa: la crescita dei traffici per l’Italia, infatti, si limiterebbe a un modesto 2%. Preoccupa anche il fatto che l’industria cinese è considerata non esente da rischi di contraffazione dei prodotti o conformità agli standard produttivi internazionali. La prima cosa su cui dovrebbe lavorare l’Italia, propongono i presidenti di Confcommercio e Conftrasporto, "è un accordo doganale con la Cina per il controllo delle merci in partenza, anche attraverso l’uso della tecnologia Rfid. Siamo già molto preoccupati per le intese sottoscritte da importanti imprese italiane con industrie cinesi che rischiano di farci perdere know how e competitività. Se poi dovessimo aggiungere la perdita della piena sovranità nazionale sulle infrastrutture strategiche portuali e ferroviarie, rischieremmo di pregiudicare quell’economia del mare che è fondamentale per il nostro Paese". Infine, aggiungono, "ricordiamo il decreto legge 21 del 2012, che impone un controllo reale e dinamico sull’investimento straniero, e il regolamento europeo approvato in questi giorni che subordina questi particolari investimenti a un’autorizzazione. Invitiamo quindi il Governo Italiano, anche per non eludere le norme di controllo nazionali ed europee, a valutare con grande attenzione e prudenza l’accordo che si intende sottoscrivere", concludono i due presidenti.
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