Giochi: tassa su Slot, Consiglio Stato accoglie ricorso e dispone rinvio a Corte giustizia Ue

economia
AdnKronos
Roma, 31 ago. (Adnkronos) - La tassa da 500 milioni per slot e videolottery, imposta con la Stabilità del 2015 al settore degli apparecchi da intrattenimento, finisce alla Corte di Giustizia europea. Lo riferisce Agimeg spiegando che i giudici comunitari in particolare dovranno stabilire se il legislatore italiano possa "per sole ragioni economiche" ridurre l’aggio di un concessionario che ha siglato anni prima una convenzione. Il Tar Lazio aveva già chiesto alla Corte Costituzionale di esprimersi sulla legittimità del balzello, e adesso il Consiglio di Stato ha rinviato le questione ai giudici lussemburghesi.La tassa è stata introdotta appunto 5 anni fa, il settore degli apparecchi avrebbe dovuto versare 500 milioni l’anno, per tre anni. Formalmente dovevano essere i concessionari a pagae l’importo, ridistribuendo poi il peso della misura con gli altri soggetti della filiera, quindi con gestori e esercenti. La norma però era congegnata male e non consentiva ai concessionari di scaricare la tassa anche sugli altri soggetti, di fatto rendendo impossibile incassare i denari necessari, tanto che ancora una parte del prelievo – circa 150 milioni secondo le ultime stime – non risulta pagata. Con la Stabilità del 2016 il legislatore modificò la norma, in sostanza i 500 milioni dovevano essere pagati solo per il primo anno – e venne adottato un criterio per calcolare in che modo ciascun soggetto dovesse contribuire alla tassa – e per gli anni successivi venne sostituita da un aumento del Preu. La Corte Costituzionale ritenne che le modifiche erano sufficienti a superare gli ostacoli, e di fatto non si pronunciò sul criterio interpretativo.Ora il Consiglio di Stato rivolge alla Corte di Giustizia due quesiti. In primo luogo se sia legittimo – in base al diritto comunitario – ridurre i compensi dei soli operatori degli apparecchi, mentre quelli degli altri concessionari dei giochi non sono stati intaccati; ma soprattutto se sia legittimo ridurre il compenso di un concessionario nel corso della concessione – quindi in sostanza se sia legittimo modificare una concessione già avviata – “per sole ragioni economiche”.

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