ROMA. Un giallo, tutto italiano, si è consumato all'ombra del Cremlino. Nel cuore di Mosca. Centomila euro sono spariti dalla cassaforte dell'ufficio di un alto funzionario, nell'ambasciata italiana. Un maresciallo luogotenente, originario di Oristano, responsabile della sicurezza della sede diplomatica, è accusato di furto aggravato ed è sotto processo a Roma.
In uno di quei giorni particolarmente freddi del marzo del 2006, mentre il governo russo è in piena crisi diplomatica con l'Ucraina per motivi di approvvigionamento energetico e si discute dell'installazione di quaranta nuove centrali nucleari civili, in una delle sedi più prestigiose per la diplomazia italiana, l'attività è frenetica, proprio a causa di quelle tensioni.
Come ogni giorno, anche la mattina del 15 marzo, dipendenti e funzionari entrano, alla stessa ora, negli uffici dello splendido stabile situato nel quartiere delle ambasciate a Mosca. Ma questa volta accade un fatto inaspettato. Stefano Verrecchia, primo segretario d'ambasciata, arrivando nel suo ufficio, fa un'amarissima scoperta: circa 100mila euro sono spariti dalla cassaforte, una somma appena ritirata dalla banca per saldare l'acquisto di un appartamento. Mai nella storia dell'ambasciata è capitata una cosa simile e l'episodio ha gettato nello sconcerto Verrecchia e lo stesso ambasciatore che all'epoca era Giandranco Facco Bonetti. Quel luogo che per anni è risultato essere sicuro, all'improvviso è diventato insicuro, violato e violabile. C'è un'unica certezza: deve essere stata una persona dell'ambasciata, un dipendente, un funzionario infedele.
Dall'inchiesta che ne è scaturita è venuto fuori un nome: quello di G.A. di 55 anni, sardo, originario di Oristano, maresciallo luogotenente, comandante e responsabile della sicurezza della sede diplomatica. Il militare è ora sotto processo a Roma per il reato di furto aggravato e abuso dei doveri inerenti alla qualità di pubblico ufficiale. Il procedimento ha incontrato numerosi ostacoli e rinvii, data la difficoltà di sentire le molte persone che all'epoca prestavano servizio a Mosca e che poi sono state trasferite in altre parti del del mondo. L'accusa formulata nei confronti del sottufficiale dall'allora pubblico ministero, Giovanni Bombarderi, ora anche lui trasferito in un'altra procura, è molto pesante ed è aggravata dalla circostanza che il fatto è stato commesso all'interno dell'ambasciata d'Italia e in particolare da un militare che dovrebbe per antonomasia essere fedele ai valori della disciplina e della fedeltà.
Restano da chiarire i motivi per cui il diplomatico abbia deciso di custodire la valigetta contenente soldi personali all'interno di un ufficio pubblico e le dinamiche che avrebbero portato il militare a compiere un gesto così grave. Al momento, sembra essere stata esclusa la responsabilità di alcuni operai che, in quei giorni, stavano eseguendo lavori nella sede dell'ambasciata. Alla prossima udienza presso la prima sezione del tribunale di Roma e prevista per il prossimo 9 dicembre, verrà sentito come teste anche l'ambasciatore Gianfranco Facco Bonetti. Il maresciallo è assistito dall'avvocato Marcello Bertucci.