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Costa Smeralda, roccia simbolo imbrattata di rosso con il cartello "Palestina Libera"

di Davide Mosca
OLBIA. Sembrava grondare sangue, ieri sera, la roccia che da decenni accoglie e segna i confini della Costa Smeralda: la stessa pietra divenuta icona social paesaggistica e fotografica, punto di riferimento per turisti e residenti. Imbrattata con un liquido rosso e affiancata da un cartello poi rimosso subito con la scritta “Palestina libera”, è stata trasformata in un manifesto di protesta politica, strappata al suo ruolo di simbolo di turismo, leggerezza estiva ed esclusività.
Non si tratta di una pietra qualunque: quella roccia segna idealmente l’ingresso nella Costa Smeralda, territorio nato nel 1962 con la fondazione del Consorzio voluto dal principe Karim Aga Khan. Oggi terreni, alberghi e proprietà immobiliari sono in gran parte di proprietà del Qatar, balzato nelle stesse ore agli onori della cronaca internazionale dopo l’attacco delle forze speciali israeliane nel cuore di Doha, nel tentativo di eliminare i vertici di Hamas in quel momento impegnati nei negoziati di pace. Un’operazione che ha sollevato proteste e preoccupazioni per aver colpito uno spazio estero, ufficialmente non coinvolto nel conflitto se non come mediatore di pace, con ripercussioni geopolitiche pesanti.

L’episodio arriva a pochi giorni da altre manifestazioni di protesta sul territorio. All’aeroporto di Olbia alcuni attivisti avevano inscenato un presidio contro l’arrivo di turisti israeliani, in concomitanza con l’apertura del nuovo collegamento diretto Tel Aviv–Olbia. Un’altra contestazione era scoppiata a Santa Teresa Gallura, per la presenza di circa cento soldati dell’esercito israeliano ospitati in vacanza in un noto albergo della zona. Le immagini della roccia imbrattata hanno fatto il giro dei social in poche ore: c’è chi ha gridato al vandalismo, evidenziando la mancanza di rispetto per il territorio, e chi invece ha letto nell’azione un segnale di denuncia politica, scelto proprio per l’alto valore simbolico del luogo. Le autorità locali e gli operai del Consorzio sono intervenuti tempestivamente per avviare le operazioni di pulizia e restituire la roccia al suo stato originario. Intanto i carabinieri hanno effettuato i primi sopralluoghi e aperto un’indagine per risalire ai responsabili.

Il “sangue” sulla pietra che sancisce i confini della Costa Smeralda ha messo da parte, almeno per qualche ora, la leggerezza di un simbolo turistico e naturale, trasformandolo in palcoscenico di una protesta che guarda ben oltre i confini della Gallura, intrecciandosi con le tensioni internazionali e le vicende del Medio Oriente.
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