
Roma, 2 mag. (AdnKronos) - Una stazione che non è solo il luogo di arrivi e partenze ma un microcosmo che vive di un intreccio complesso di relazioni, attività e incontri e che pulsa all'interno del tessuto urbano con il quale si integra fino a diventarne un simbolo. E' questa l'anima dello scalo ferroviario più importante e grande d'Italia, la cui poliedrica essenza, ingegneristica, architettonica, urbanistica, sociale, commerciale e culturale vuole raccontare, in tutte le sue sfaccettature, il nuovo libro 'La Stazione Termini di Roma', scritto da Amedeo Gargiulo e Deborah Appolloni, edito da Giordano Editori, e presentato oggi a Roma, proprio nel luogo che l'ha ispirato, la stazione Termini. Il volume si snoda come un viaggio, accompagnato da numerose fotografie d'epoca. Innanzitutto, un viaggio nella storia della stazione, il cui nome è ancora oggi fonte di dibattito tra chi ritiene che derivi dal latino "thermae", vista la prossimità delle Terme di Diocleziano, e chi lo spiega con il concetto di "finito", "concluso". E' intorno al 1860 che si pone il problema di dare un assetto al nodo ferroviario di Roma. La soluzione che viene individuata è quella di una stazione relativamente piccola ma commisurata a una Roma che non arrivava a 200 mila abitanti. Dopo la presa di Porta Pia vengono ultimati i lavori e l'aspetto della nuova stazione richiama per lo schema architettonico e organizzativo quello della parigina Gare de L'Est.Con l'espansione del traffico ferroviario che negli anni '20 vede una vera e propria esplosione, Roma Termini diventa troppo piccola e negli anni '30 si ripropone il problema di fare di Termini una stazione all'altezza della Capitale. Nel 1939 viene approvato il progetto definitivo di Angiolo Mazzoni che concepisce un edificio imponente e classicheggiante. Ma dopo la realizzazione dei corpi di fabbrica laterali, i lavori si interrompono nel '43.
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