
Roma, 14 feb. (Adnkronos) - Nel mondo sempre più digitale sta crescendo il fenomeno degli hater. Tanto che negli ultimi anni dettati dalla pandemia a da rapporti online "ci siamo nascosti dietro la tastiera del computer" per esprimere opinioni che in una vita più reale non avremmo espresso con tanta violenza. Quasi 3 italiani su 4 non perdonano abbastanza, incentivando anche in modo inconsapevole il cosiddetto odio sociale. Tra le ragioni più gettonate, una fetta importante della responsabilità è legata al mondo degli hater e dei canali online, attraverso i quali ci si maschera più facilmente dietro ad una tastiera arrivando a scrivere cose che nella vita reale non si direbbero. È quanto emerge da un nuovo studio targato Trustpilot che l'Adnkronos ha potuto visionare in anteprima. L'analisi ha coinvolto un campione di 12.000 adulti dai 18 anni in su tra Italia, Uk, Stati Uniti, Australia, Paesi Bassi e Francia e, per il 39% del campione preso in esame, "i limitati contatti faccia a faccia degli ultimi due anni" e "l’aumento della comunicazione online" hanno favorito un aggravarsi del fenomeno. Solo il 35% degli intervistati ha invece ritenuto che "la responsabilità è imputabile ai social media". Quasi un terzo del campione, infatti, ha rivelato di essere più impulsivo quando pubblica messaggi, commenti o recensioni su internet rispetto a quanto farebbe di persona. Sono soprattutto i più giovani a percepire la responsabilità di internet in questo eccesso di aggressività nelle comunicazioni. Infatti, tra i ragazzi dai 18 ai 24 anni è il 41% a ritenere che le interazioni online negli ultimi anni abbiano favorito l’odio sociale. Diversamente, sono le fasce di età intermedia a ritenere particolarmente responsabili del fenomeno i social media: infatti, nella fascia dai 35 ai 44 anni a pensarlo è il 38%.
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